UN RISVOLTO DIVERSO di arbiter.it

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Il revers della giacca costituisce la palpebra del primo occhio dell’eleganza maschile, probabilmente il dettaglio più importante di un abito. Classico, a lancia, stretto o largo, può generare armonia o caos con pochi millimetri.

Anni fa la nostra rivista aveva identificato tre punti focali dello stile di un uomo, in grado di comunicare in pochi secondi moltissimo sulla persona. Partendo dal basso, il terzo è dato dalla scarpa, dalla calza e dal fondo dei pantaloni; il secondo dall’orologio, dal polsino della camicia e dal fondo della manica; il primo, dal nodo della cravatta, che è la pupilla, dal colletto della camicia, l’iride, e dai revers della giacca, le palpebre.

Proprio queste palpebre di stoffa, che si aprono sul nostro petto, sono il soggetto di questo servizio. Delle finestre in grado di spalancarsi, richiudersi, alzarsi, abbassarsi, accollarsi, capaci di creare armonia o caos solo giocando di pochi millimetri. Il revers, termine derivato dal latino reversus, rovescio, e detto anche bavero o risvolto, è sin dalla nascita dell’abbigliamento classico, oltre un secolo fa, oggetto di dibattito tra sarti e critici. Arbiter scriveva nel 1935 che «il risvolto è il dettaglio più importante del vestito.

«Un bell’abito si conosce dal buon risvolto». Già all’epoca si dibatteva animatamente delle varie tendenze: revers da monopetto, da doppiopetto, a scialle, corto e alto, lungo e basso, stretto, largo consigliato solo con abiti in stoffa a righe larghe, a foglia (a lancia) consigliato nei monopetto solo se eseguiti in stoffe di disegno unito o di fantasia poco vistosa, ma anche senza risvolto, per abiti estremamente sportivi, in uso negli anni 30 e ancora oggi con qualche estimatore tra cui per esempio chi scrive. Abbiamo affrontato l’argomento con Claudio Italiano, maestro che affianca il padre Luigi alla Sartoria Italiano di Palermo, fondata nel 1965.

Giovane e appassionato della sua professione, Claudio ha 33 anni e all’età di due giocava con le forbici, a 25 iniziava la scuola di Luigi Gallo a Roma. Dopo essersi confrontato con altri artigiani, è tornato a continuare la tradizione di famiglia. Un degno erede della sartoria siciliana, che negli anni 50-60-70 era ai massimi livelli in Italia, e che tuttora è apprezzata nel mondo.

Il dettaglio del cran classico di un monopetto in tela lino-cotone di Cerruti. L’estiva sportività è sottolineata dall’impuntura rossa a contrasto. Questa parte assume la forma di un pesce che balza a bocca aperta fuori dall’acqua, in direzione dell’attacco della manica.

«Il nostro è un revers classico, anche se possiamo assecondare le richieste del cliente, che tuttavia nella maggior parte dei casi si lascia consigliare da noi», esordisce il giovane maestro. «Il revers deve avere la sua morbidezza, non deve fare grinze. Deve avere garbo ed essere in armonia con taschino, spalle, maniche, bottoni. Tutto parte dalla personalità del cliente e dal tessuto: fin dal taglio si può immaginare come verrà il vestito perché la foggia è chiamata dal tessuto. Con una stoffa a quadri potrei fare sia una punta a lancia sia un revers classico.

Bisogna capire la personalità dell’uomo, come è abituato: per esempio con il “dentino” leggermente alzato, a punta, conferisce un tono più spiritoso». Dunque, quando si parla di abito di sartoria, il risvolto è uno dei primi dettagli che saltano all’occhio, come le asole fatte a mano. Spesso è sottolineato dal mezzo punto fatto a mano, quella ribattitura che corre lungo i bordi, che qualcuno chiede cucita con il filo di seta. «Un cliente voleva tutte le impunture blu e la fodera rossa», rivela Claudio Italiano. «Lo facciamo spesso “a taglierino”, ossia non in punta ma più in dentro rispetto al bordo, fino a 4 mm.

Se il filo contrasta particolarmente con il tessuto, risalta e fa notare il davanti del revers, la mostra che va applicata sulla spezzatura. Il revers deve avere una sua rotondità e non deve essere una cosa che sta per aria, ma deve cadere bene. È collegato con il collo, altro pezzo di tessuto applicato alla fine della lavorazione. Naturalmente tutto viene fatto a mano. Parliamo di capospalla, quindi l’insieme collo-revers deve stare attaccato all’uomo e rappresentare la sua personalità. Chiaramente va ben stirato: la stiratura del revers è fondamentale perché conferisce la forma.

Dura uno o due minuti, ad alta temperatura, ma non bisogna esagerare con il ferro perché, soprattutto sui capi scuri, può far diventare lucido il tessuto e non va bene. Si tampona con dei “toppacci” bagnati qualche secondo per inumidire, poi si stira con in mezzo una pezza bianca. Le giacche di confezione vediamo che sono a due dimensioni, noi sarti invece diamo una tridimensionalità aggraziata». Come si diceva, bastano pochi millimetri di apertura, chiusura, larghezza, pochi gradi di apertura dell’angolo del cran o di inclinazione della linea della sua montatura, la quale può puntare in direzione dell’attacco manica, più in alto o più in basso, e cambia totalmente la visione dell’insieme e di chi indossa la giacca. In genere, se la linea di montatura punta più in alto dà l’impressione di maggiore sportività, in particolar modo in presenza di ampi baveri.